Eccessi

Avete notato che nelle trasformazioni del modo di parlare -e scrivere- “comune”, nei dialoghi, in particolare nelle trasmissioni televisive, ma anche nei films, compaiono negli ultimi anni sempre più spesso termini superlativi, come “fantastico”, “magnifico”, “assolutamente”, “perfetto”, “andrà tutto bene” ( ad esempio, sui balconi di molte abitazioni, all’inizio della pandemia, l’ultima frase era scritta su un drappo esposto alla vista)?
Cosa può influenzare le persone, (non tutte, s’intende, ma provate a farci caso, anche per quel che riguarda il vostro personale lessico) e portarle all’uso spesso automatico, di superlativi?

A mio parere, ci influenza un processo di imitazione inconsapevole, che è “datato” nel tempo: tutti gli umani imparano ad esprimersi nella lingua dei propri genitori e parenti vari, sia nel versante delle parole che in quello dei segnali non verbali, che vengono perciò imitati. L’esigenza fondamentale di farsi capire, oltre che capire l’interlocutore, ma anche quella di farsi notare, dall’interlocutore, trova una strada meno difficile riproducendo suoni e gesti; che inoltre, nella fase di apprendimento infantile, vengono corretti se non congrui, e le correzioni portano il bambino ad apprendere velocemente, e ad esprimersi e capire in modo progressivamente più efficace.

Ad un certo punto, e in presenza di contesti comunicativi differenti (inclusa la lettura) ogni persona costruisce uno stile comunicativo piuttosto stabile. Ma che cambia, e può farlo radicalmente, (pensate alla necessità di comprendere ed esprimersi in una lingua diversa), in seguito a esigenze dissimili, incluse quelle “frivole”, ma non sempre frivole; imitare un accento diverso può avere, come motivazione consapevole, quella di essere graditi meglio in una regione o città diversa da quella dove si è nati.

Tuttavia, l’esigenza del gradimento altrui può condurre le persone a utilizzare lessici e cadenze ( e termini) che non solo demoliscono uno stile comunicativo antecedente, ma che compromettono il senso delle parole stesse e dell’atto comunicativo in generale.

Se qualcosa va bene, un tempo era confermato da un OK ( termine americano coniato per motivi telegrafici durante la guerra di secessione, che letto non in acronimo è zero killed, cioè non ci sono stati morti, in quello scontro armato). Breve, non in lingua italiana, ma ormai diffuso in tutto il pianeta, quindi significativamente efficace (stavo quasi per scrivere perfetto).

Ma rispondere o affermare “ perfetto!” invece che va bene o ok , è introdurre un termine superlativo che fra l’altro indicherebbe qualcosa che non è di questo mondo. Tuttavia, questi superlativi costellano il linguaggio dei media, e quindi anche, spesso, il nostro.

Il senso delle parole o della comunicazione ne beneficia? Personalmente, non credo, trovo che esprima un entusiasmo posticcio, a cui peraltro nessuno crede davvero; sono forme di ridondanza (che non è un modo stravagante di definire la danza del ventre) che ingombrano come tali la precisione del significato.
E’ così difficile privarsene?

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