Ma anche no

Neologismi? Criteri di introduzione di nuove o meno parole nella conversazione comune e ipotesi sulle motivazioni di chi ne fa uso o le inventa

Nella lingua italiana attuale, ma certamente in ogni lingua parlata nel mondo, si assiste ad un continuo dinamismo nell’introduzione di nuovi lemmi, nell’obsolescenza di altri, nella sostituzione di parole con altre di simile significato, e però diverse; la stessa cosa avviene per le frasi, che vengono trasformate, ma sostituiscono frasi equivalenti e “meno attuali”.

Un esempio: hey, sta per ciao ( troppo antico, come sappiamo il termine è derivato dalla frase “schiavo vostro” in voga dal dialetto veneziano del ‘700, e sintetizzata nel “ciao”) mentre hey è più internazionale, ma forse contiene altre motivazioni d’uso.

E veniamo a queste ultime.
Il linguaggio conversativo, includendo anche il non verbale, non è solo lo strumento per capirsi gli uni con gli altri; ogni manifestazione linguistica, o più largamente simbolico/ raffigurativa, (quadri, foto, filmati, musica, etc) ha sempre una (almeno) intenzionalità ulteriore, anche se quasi sempre all’insaputa di chi la mette in atto: esercitare un processo di influenza su chi ascolta, vede, partecipa.
In questo stesso momento in cui leggi quello che scrivo, la mia intenzione non è solo quella di “informarti”, o “raccontarti” quello che continuamente avviene nel processo di comunicazione, ma anche quella di convincerti, trascinarti verso la mia personale visione delle motivazioni sottostanti all’uso di modi di dire che hai cominciato ad applicare, o con cui hai sostituito parole o frasi che facevano parte del tuo lessico, magari da anni o decenni.

C’è un altra conseguenza alla trasformazione del linguaggio: il nostro pensare è fatto principalmente di immagini, ma nel raccontare o raccontarci vicende, sensazioni, idee, opinioni e quant’altro, noi usiamo parole.

Se usiamo termini e frasi differenti, anche il nostro pensiero è differente.

Il lessico è collegato, come altri ambiti, alla moda; se decido di usare scarpe con tacco basso, o con tacco “12”, ho scelto in base all’impulso che mi viene non necessariamente dalla ricerca della comodità nel camminare, ma anche da altre ragioni, che possono farmi decidere di accettare il rischio di rompermi una gamba, piuttosto che restare 12 cm più basso…

Concludo: le motivazioni della trasformazione del lessico ( suggerisco di leggere l’indimenticabile ed umoristico romanzo di Natalia Ginzburg “Lessico familiare”, che di questo tratta, cioè di quanto l’uso di un determinato modo di parlare influenzi la visione delle piccole e grandi vicende della vita) sono determinate, a parer mio non solo e non tanto da motivazioni di migliore chiarezza espositiva, volte a facilitare nell’ascoltatore una comprensione più efficace; ma da una ricerca egoistica di maggiore spettacolarità, di migliore adesione ai dettami della moda linguistica, o dell’ultimo “behaviour influencer”.

Lascia un commento