FEROCIA

Alcuni sinonimi: bestialità, brutalità, atrocità, malvagità…La radice latina , che peraltro ha un termine uguale (ferocia), è dal termine “fera”, cioè fiera, cioè bestia, da cui il suddetto bestialità.Ma la ferocia, di cui abbiamo pieni gli occhi e le orecchie, con due guerre in atto, con una recentissima feroce uccisione di una ragazza, non è una modalità d’azione propria degli animali. Nessun animale in verità è feroce. Le motivazioni della ferocia non appartengono agli animali, a parte una specie: quella umana.E come mai la specie umana, da sempre, almeno da quando ne siamo consapevoli attraverso i miti originari, la storia antica e recente, mostra la propria ferocia? Ma soprattutto, la agisce e continua ad agirla?Parafrasando le idee di due relativamente recenti personaggi del pensiero, secondo Nietzsche, perché l’uomo ha una “volontà di potenza”. In altri termini, vuole prevalere sugli altri, in una accezione che può essere avvicinata alla esigenza territoriale degli animali, non solo predatori. Le risorse disponibili , quelle sono, e dunque se desidero sopravvivere, devo tutelare le risorse, e difenderle.Difendere però non implica necessariamente la ferocia, la eliminazione crudele di chi tenta di infiltrarsi nel territorio. Questo vale per le “fiere”, naturalmente. Non per la specie umana.La specie umana ha purtroppo ben altre esigenze ed impulsi difficilmente frenabili, in particolare perché la cultura, da millenni, includendo in essa le religioni, in particolare quelle monoteiste, (escluso il buddismo, che però che io sappia è un modello di filosofia piuttosto che una religione) ha richiesto e prescritto che il potere l’avesse il più forte, e chi non si adattava, veniva più o meno ferocemente estromesso.Un altro personaggio della cultura del ‘900, Eric Fromm, ha in un suo saggio messo a fuoco una tipica scelta di vita degli esseri umani. Il titolo del saggio è “Essere o avere”.Chi lo ha letto, può probabilmente trovare spunti per comprendere come e quanto la modalità dell'”avere” , del possesso, del ” se possiedo, se mi assicuro la proprietà di cose e persone”, finga di garantire la certezza di “essere”.Il possesso conferisce l’identità di un vincente, si è solo se si ha.E per possedere, o mantenere e ampliare il possesso, la specie umana è disposta, ormai culturalmente, a mettere in atto qualunque azione, anche la più feroce.Un dubbio che potrebbe venire a molti, nel leggere questa sintesi, è “ma allora che fine fanno la solidarietà verso gli altri, il prendersi cura di altri, i tanti casi di sacrificio della propria vita per tentare di salvare altri, il rinunciare a oggetti, tempo, affetti, progetti, per il bene di altri? In sintesi, che ne è di tutte le azioni altruistiche che possiamo osservare, di cui veniamo a sapere, o perfino le personali rinunce?Certo, dubbio lecito. In fine , sembra che la specie umana possa esprimere sia suprema bontà, che suprema ferocia.Ma la ferocia è il titolo di queste considerazioni, e voglio aggiungere un ultima annotazione al riguardo:le persone che si “dedicano” al versante feroce del proprio agire, non sono in preda alla follia, non stanno reagendo ad un pericolo estremo che concerne il mantenimento del possesso (di risorse, di spazi, di sentimenti, e così via). Dal mio punto di vista, sono implicate in una dipendenza, in qualche modo simile a quella di un eroinomane.Sanno, o credono di sapere , che di quel qualcosa o qualcuno non possono fare a meno, e se quel qualcosa o qualcuno dovessero mancare, è preferibile morire, o uccidere. Quando decidono di uccidere, lo fanno con tutta la ferocia che sono in grado di mettere in atto.Il tema della propria autonomia, autosufficienza, in -dipendenza non viene mai alla loro attenzione. La autonomia personale da qualcosa o qualcuno; se non sono sufficientemente autonomo, non avrò la possibilità né di sapere chi sono, né di seguire un progetto. Tutto quello che sarò in grado di fare sarà la continua ricerca di cose o persone che sostengano la mia dipendenza, la mia nascosta sudditanza, la mia mancanza di libertà.

Ma anche no

Neologismi? Criteri di introduzione di nuove o meno parole nella conversazione comune e ipotesi sulle motivazioni di chi ne fa uso o le inventaNella lingua italiana attuale, ma certamente in ogni lingua parlata nel mondo, si assiste ad un continuo dinamismo nell’introduzione di nuovi lemmi, nell’obsolescenza di altri, nella sostituzione di parole con altre di simile significato, e però diverse; la stessa cosa avviene per le frasi, che vengono trasformate, ma sostituiscono frasi equivalenti e “meno attuali”.Un esempio: hey, sta per ciao ( troppo antico, come sappiamo il termine è derivato dalla frase “schiavo vostro” in voga dal dialetto veneziano del ‘700, e sintetizzata nel “ciao”) mentre hey è più internazionale, ma forse contiene altre motivazioni d’uso.E veniamo a queste ultime.Il linguaggio conversativo, includendo anche il non verbale, non è solo lo strumento per capirsi gli uni con gli altri; ogni manifestazione linguistica, o più largamente simbolico/ raffigurativa, (quadri, foto, filmati, musica, etc) ha sempre una (almeno) intenzionalità ulteriore, anche se quasi sempre all’insaputa di chi la mette in atto: esercitare un processo di influenza su chi ascolta, vede, partecipa.In questo stesso momento in cui leggi quello che scrivo, la mia intenzione non è solo quella di “informarti”, o “raccontarti” quello che continuamente avviene nel processo di comunicazione, ma anche quella di convincerti, trascinarti verso la mia personale visione delle motivazioni sottostanti all’uso di modi di dire che hai cominciato ad applicare, o con cui hai sostituito parole o frasi che facevano parte del tuo lessico, magari da anni o decenni.C’è un altra conseguenza alla trasformazione del linguaggio: il nostro pensare è fatto principalmente di immagini, ma nel raccontare o raccontarci vicende, sensazioni, idee, opinioni e quant’altro, noi usiamo parole.Se usiamo termini e frasi differenti, anche il nostro pensiero è differente.Il lessico è collegato, come altri ambiti, alla moda; se decido di usare scarpe con tacco basso, o con tacco “12”, ho scelto in base all’impulso che mi viene non necessariamente dalla ricerca della comodità nel camminare, ma anche da altre ragioni, che possono farmi decidere di accettare il rischio di rompermi una gamba, piuttosto che restare 12 cm più basso…Concludo: le motivazioni della trasformazione del lessico ( suggerisco di leggere l’indimenticabile ed umoristico romanzo di Natalia Ginzburg “Lessico familiare”, che di questo tratta, cioè di quanto l’uso di un determinato modo di parlare influenzi la visione delle piccole e grandi vicende della vita) sono determinate, a parer mio non solo e non tanto da motivazioni di migliore chiarezza espositiva, volte a facilitare nell’ascoltatore una comprensione più efficace; ma da una ricerca egoistica di maggiore spettacolarità, di migliore adesione ai dettami della moda linguistica, o dell’ultimo “behaviour influencer”.