Deixa a vida te acontecer

“Lascia che la vita ti accada”, è il verso di una vecchia canzone di Vinicus de Moraes, già altrove descritto – poeta e musicista brasiliano di straordinaria importanza artistica, noto in tutto il mondo nello scorso secolo -.
La canzone, piuttosto buffa e divertente, parla di un “malandro” ( facilmente comprensibile in italiano, se lo scriviamo al diminutivo) che compie un passo falso (il titolo della canzone è “Golpe errado”), e ne subirà le conseguenze (vedrà il sole a quadretti – vai ver nacer quadrado o amanhecer-, metafora simile alla nostra per indicare il carcere). La storia che viene raccontata al malandro, nell’obiettivo di fargli cambiare comportamento, mette in luce diversi fatti che peraltro fanno parte della vita comune, non specificamente di quella del “soggetto”: una volta si vince, una si perde, c’è sempre qualcuno più esperto di te, anche tu che sei malandro devi trovare di quando in quando un po’ di tempo per vivere, è assurdo pensare che puoi controllare tutto (considerazione mia), lascia che la vita ti accada.

La vita ci accade, nonostante quello che facciamo per evitarlo. Lo evitiamo credo io. perché vogliamo evitare le sorprese, in quanto la maggior parte di esse, nella nostra memoria, sono brutte sorprese.

Ma è così veramente? Parafrasando la legge di Murphy ( se qualcosa di negativo PUO’ accadere, allora senz’altro accadrà) vorrei sapere quanti di noi (io che scrivo e voi che leggete) si alzano la mattina dicendo a sé stessi: “vediamo quante belle sorprese mi riserverà la giornata”. O quante brutte sorprese…
Se non le cerchiamo, le belle intendo, è possibile che neppure le notiamo. Mentre quelle brutte non solo le notiamo, ma le ricordiamo, e, definita una unità temporale, non è difficile che sintetizziamo con ” che giornata, settimana, mese, anno di merda!”

Questo fatto di ricordare soprattutto le brutte sorprese, può far nascere un (altro) pregiudizio; autodefinirci sfigati/e e con questo trasformare la casualità in necessità. In altri termini, raccontarci che le brutte sorprese, la sfortuna, è per noi un destino, non un fatto casuale.
Se questo accade, il nostro stato di allerta verso la sfiga aumenterà, e di conseguenza si abbasserà la capacità di individuare ciò che di positivo si manifesta nell’arco della nostra giornata.

Non solo: metteremo in atto quella che viene definita tecnicamente la “profezia che si autoavvera”. Che funziona anche a livello collettivo.
Un esempio; supponiamo che domani nella prima pagina dei quotidiani più diffusi compaia un articolo in cui si annuncia che nel canale di Suez una nave in transito si è arenata, impedendo il passaggio, cioè in pratica quasi bloccando il traffico. Di conseguenza si prevede ( o si profetizza) una probabile carenza di carburante nei prossimi giorni.
Un grande numero di automobilisti si precipiterà a fare il pieno di benzina, ed in effetti, in poche ore, si avvererà il fatto descritto nei quotidiani.

Il giorno successivo, gli stessi giornali daranno notizia del fatto che la nave arenata nel canale fu disincagliata in tempi rapidissimi, ed il traffico marittimo ripristinato, quindi nessun pericolo di carenza di carburante.
Come, nessun pericolo? Ma ieri, il carburante nei distributori era esaurito, come sanno quei tanti automobilisti che, magari dopo ore di fila, se ne sono tornati a casa col serbatoio ancora più vuoto di quando erano partiti.

In altre parole, chi “crede” ad una profezia, spesso riesce a farla avverare. Se per esempio x teme che il suo partner si stia raffreddando nei suoi confronti, e tempesta di telefonate il partner di cui sopra, chiedendo: “ma, mi ami? Ma quanto? Tanto quanto? “etc etc, non è difficile che ad un certo punto l’interlocutore si saturi e chiuda bruscamente la telefonata.
Le nostre “profezie”, o paure, possiamo riuscire a farle avverare credendole vere e attivando comportamenti ed atteggiamenti che realizzano la profezia.

Allora, che fare per evitare questi automatismi, queste etichette che poi spesso non solo non proteggono da, ma realizzano proprio ciò che vorremmo non avvenisse? In attesa di ipotesi, commenti eccetera, cordialmente

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